Catanzaro, Prestia e Profazio hanno presentato il nuovo cd "Donne del Sud"

Domenica 02 Giugno 2019 12:00 di Redazione CatanzaroPrima

Noia, appiattimento e disgusto hanno come contrario le performance del principe della musica popolare che,  nella sala strapiena del Polifunzionale di via Fontana Vecchia a Catanzaro, avrebbe dovuto limitarsi a “incursioni estemporanee del medesimo” (cosi è scritto sulla copertina del nuovo Cd “Donne del Sud/ Anch’io Francesca Prestia canto Otello Profazio, etichetta “Calabria Sona”) e invece Otello Profazio, affrancatosi dal ruolo del maestro compiaciuto e divertito (l’allieva è Francesca Prestia), è stato, con la sua intelligenza fervida e illuminata, tutt’altro che invisibile.

Potente, melodiosa a tratti e sempre cerebralmente controllata, la voce della cantastorie che ha raggiunto la sua pienezza cantando “Amuri Amuri” (è stata la colonna sonora del film “L’amante di Gramigna” di Carlo Lizzani): “Pari ca mi facisti la magìa!…Criscisti comu l’erba di lu campu, criscisti beddha, per amari a mia…Prim’era a la me’ casa comu un Santu, pinsèri ‘nta la testa non avìa. Ora, fighhjola, mi portasti a tantu: ‘nta n’ura moru si non viju a tia!…E vegnu attornu a tia comu la nebbia, comu a lucacciaturi cu la quagghia… Guarda ‘stu cori comu s’assuttigghia: comu ferrufilatu a la tinagghia…”

Scoppiettante (nonostante un polso ingessato), da “grande affabulatore” con satira incorporata, Profazio ha duettato con la sua “successora” per un paio d’ore, rivendicando la sua consolidata attitudine a dissodare i terreni incolti dei talenti musicali con la generosità di chi è sicuro del fatto suo, ironico e autoironico, un fuoriclasse “che non si stanca mai di essere se stesso e non sa cos’è  la dissimulazione” (cosi lo descrive il prof. Giuseppe Tripodi che sigla la nota illustrativa del Cd).

Tra le canzoni intercalate nella conversazione alla quale ha preso parte l’assessora al Welfare e al Lavoro della Regione Angela Robbe (“Quando si parla di donne - ha detto - lo si fa spesso per segnalare una loro defaillance in qualche settore, ma in realtà la donna è sostanzialmente la metafora delle diseguaglianze sociali che connotano la nostra vita associata e con cui dobbiamo fare i conti. Queste canzoni sulle donne del Sud hanno il pregio di coinvolgere soprattutto le nuove generazioni, predisponendole all’ascolto e sensibilizzandole sui temi della prevaricazione maschile e delle prepotenze. Il Cd andrebbe fatto veicolare nelle scuole!”), due hanno prevalso, per l’attualità del messaggio contro la violenza sulle donne (“La Regina senza re”) e l’implacabile critica alle classi dirigenti (“Melissa”), quando, nel corso delle lotte per le terre, hanno mandato allo sbaraglio i contadini.

La prima, scritta da Profazio assieme al poeta Ignazio Buttitta, racconta il coraggio con cui nel ’65 Franca Viola rifiutò il matrimonio riparatore dopo essere stata violentata dal nipote di un boss; la seconda dà voce ai fantasmi dei conta­dini trucidati a Fragalà nel ’49. Un j’accuse rivolto alle classi dirigenti che hanno tirato la pietra, “inebriando gli sfruttati con la loro ideologia e ritratto la mano quando i contadini passarono dalle parole ai fatti” occupando il feudo Berlingieri e diventando carne da macello per la Celere del ministro Scelba. Canta Prestia: “A Fragalà trasimmu / ‘nti e terri du baruni / cu’ zappi, muli e ciucci, / cu pali e cu furcuni”.

Con il progetto discografico “Donne del Sud” Francesca Prestia formalizza, alla presenza dell’editore Giuseppe Marasco, il sodalizio artistico con Otello Profazio e con le 14 tracce che lo compongono travolge, con la sua refrattarietà alla compromissione, ogni accostamento “politically correct”, allorquando l’occhio cade sull’universo femminile del nostro Mezzogiorno. E denuncia - chiosa la giornalista Chiara Fera che ha condotto la speciale presentazione-spettacolo -  interpretando i testi scritti da  Otello Profazio (Premio Tenco nel 2016,  “Disco d’oro” per aver venduto oltre un milione di copie dell’album “Qua si campa d’aria” nel 1974), con la sua voce calda e appassionata, come l’ha definita la scrittrice Dacia Maraini, sia l’oblio gettato su tante donne che nel Sud hanno fatto la storia, che la discriminazione culturale e sociale di cui ancora adesso le donne sono vittime”.


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