Catanzaro Jazz Fest, chiude la tre giorni di musica in Villa Margherita, tra innovazione e memoria

Domenica 23 Giugno 2019 10:28 di Redazione CatanzaroPrima

Il più antico festival jazz cittadino, nella nuova veste estiva in coincidenza con la Festa della Musica, chiude i battenti dopo tre giorni di musica e non solo: a rendere più piacevole la permanenza nella storica Villa Margherita, un angolo drink&food con l’accompagnamento musicale del duo di Alessandro Guido alla chitarra e Rocco Riccelli alla tromba, ospiti di passate edizioni del festival, che hanno piacevolmente accompagnato il pubblico fino all’inizio del concerto, una dimostrazione nella giornata mondiale dello Yoga, il seminario pomeridiano di Savoldelli&Zeni il giorno dopo il loro concerto d’apertura del festival. Tanta gente di tutte le età ha affollato la Villa dimostrando grande apprezzamento e voglia di partecipare ad eventi di qualità per fruire al meglio degli spazi all’aperto di cui la città dispone.

A chiudere questa diciannovesima edizione del Catanzaro Jazz FestCoj&Afroblue Trio di Claudio Cojaniz, pianista friulano che, da cittadino del mondo, ha deciso di vivere in Calabria a Roccella Jonica, patria del jazz calabrese, il cui ispiratore e instancabile animatore, Sisinio Zito, è stato ricordato ieri con la dedica di una targa. L’Assessore al Turismo e Spettacolo del Comune di Catanzaro, Alessandra Lobello, ha infatti consegnato la targa ricordo alla moglie dello scomparso senatore, alla presenza del neo sindaco di Roccella Jonica, Vittorio Zito, e del direttore artistico di Roccella Jazz, Vincenzo Staiano, che ha annunciato le novità della prossima XXXIX edizione.

Significativo il messaggio giunto dal direttore artistico del Peperoncino Jazz Festival, Sergio Gimigliano, che non potendo essere presente, ha inviato un messaggio di partecipazione, collaborazione e condivisione del progetto di cui il Catanzaro Jazz Fest si è fatto interprete, quello di creare la via dei festival calabresi, nella prospettiva di un’unica grande “Calabria Jazz”. Gimigliano ha sottolineato nel suo messaggio quanto creda nel potere del fare rete con altre realtà del territorio, promuovendo e sviluppando il senso di comunità, non solo rispetto alla promozione della cultura, ma anche rispetto a temi più contemporanei, come l’accoglienza e sostenibilità.

Un progetto originale quello di Claudio Cojaniz, accompagnato da Fulvio Buccafusco al contrabbasso e Carmelo Graceffa alla batteria, uno dei più grandi interpreti al mondo di Thelonious Monk, in un’escursione bluesy nel vasto mondo dell'antica cultura africana, evocazione di nenie e danze, preghiere e canti sacri, a cui ci si accosta con grande rispetto e devozione. Una serie di composizioni originali, “Gaia”, “African Market”, “Leonardo C.”, “Don Josè”, solo per citarne alcune, in cui non si rifà il verso, ma si reinterpretano le atmosfere personalmente vissute tra i suonatori di Kora nel Mali, nei canti del Kilimanjaro, nelle danze Zulu, nelle preghiere del Niger e nelle invocazioni del Botswana.

Il secondo appuntamento del festival, il 20 giugno, aveva visto protagonista un musicista d’eccezione, che ha scritto grandi pagine della musica italiana e internazionale, Ares Tavolazzi, storico contrabbassista di celebri formazioni, tra cui la PFM, Francesco Guccini, Lucio Battisti, Mina, Paolo Conte, gli Area - il cui fondatore, Demetrio Stratos, è stato ricordato a 40 anni dalla scomparsa - che ha registrato album, tra gli altri, con Massimo Urbani, Vinicio Capossela, Max Roach, Stefano Bollani, Enrico Pieranunzi, Lee Konitz, Gianluca Petrella, Kenny Wheeler, questi ultimi quattro ospiti di passate edizioni del CJF.

Il trio era completato dal talentuoso e raffinato chitarrista Joy De Vito, nato a Cortale, un paese che ha dato molto alla cultura musicale e artistica della regione, un musicista che amiamo considerare un “figlio” del festival in quanto protagonista da giovanissimo del progetto OrCheStrana diretto dal M° Nicola Pisani, che ha dato il via alla sua carriera di chitarrista, e dal solido batterista Piero Borri, puntuale base ritmica del concerto. Un trio composto da tre generazioni di musicisti che si incontrano per dar vita ad un progetto esclusivo. Dialogo ed interplay, le due colonne portanti della band, sostengono un sound capace di essere incisivo e vigoroso, ma anche morbido e rarefatto. Il concerto ha visto alternarsi brani del geniale Thelonious Monk, “Reflections”, “Let’s cool one”, “Straight no chaser”, a struggenti ballads tra cui la celebre “Love me tender” di Elvis Presley, a composizioni originali dello stesso Joy De Vito, che in “Ferrovie diesel” e “Blossom”, si conferma anche valido compositore; una sorta di viaggio nello spazio e nel tempo, tra America e Nord Europa, tra tradizione e modernità. La giusta atmosfera per una serata all’insegna della musica di qualità in una cornice di pubblico che ha mostrato grande apprezzamento non solo per la proposta musicale, ma anche per l’allestimento della Villa e il servizio Drink&Food che ha consentito di vivere la serata ancor più piacevolmente. In apertura, il ricordo del chitarrista catanzarese Pietro Aldieri, artista sensibile, riservato e amato da tutti, scomparso quest’anno lasciando un grande sgomento per la sua prematura mancanza. Nel 2013 era stato protagonista della XVI edizione del CJF, nel quartetto di Peppe Fonte che presentava in anteprima il suo progetto “La città di Eolo” e per questo abbiamo voluto ricordarlo con particolare affetto in quanto valido musicista e parte della storia del festival.

Un’edizione, tra innovazione e memoria, inaugurata il 19 giugno con la sperimentazione musicale e vocale del duo Boris Savoldelli & Stefano Zeni (voce, violino e live electronics) ed il ricordo dell’artista catanzarese Saverio Rotundo.

Il Catanzaro Jazz Fest, per anni senza fissa dimora, forse ha trovato casa, sempre nel segno della proporzione “Jazz : Improvvisazione = Democrazia : Libertà”.


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